2 settembre 2020 - 22:22

Lampedusa, hotspot da sfollare: «Stanze inagibili, letti all'aperto, a rischio la salute di ospiti e personale»

Il rapporto di Cristoforo Pomara, il capo ispettore

di Giusi Fasano

Lampedusa, hotspot da sfollare: «Stanze inagibili, letti all'aperto, a rischio la salute di ospiti e personale» L’ispezione all’hotspot di Lampedusa (Protezione civile)
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«Sono scioccato».

Addirittura...

«Io faccio il medico legale, ne ho viste di situazioni forti, diciamo così. Ma quello che sto vedendo in questi giorni mi colpisce umanamente, oltre che come medico. Se pensiamo di tenere assieme migliaia di persone come facciamo a Lampedusa e chiamare questo “accoglienza” allora abbiamo già fallito».

Cristoforo Pomara è il più giovane ordinario di Medicina legale d’Italia, dirige l’Istituto di Medicina legale di Catania ed è l’autore di un trattato di tecniche autoptiche forensi studiato in tutto il mondo. Dal 24 di agosto è anche coordinatore della task force voluta dalla Sanità della Regione Sicilia per valutare condizioni, rischi e soluzioni per i 40 fra hotspot e centri di prima accoglienza dell’isola.

Professore, finora quanti sopralluoghi avete fatto?
«Tre: Pozzallo, Ragusa e Lampedusa. Sono appena tornato da Lampedusa e ho inviato una relazione urgentissima preliminare all’assessorato regionale alla Salute».

Per dire cosa?
«Che in quell’hotspot c’è un rischio imminente e concreto di incolumità, per tutti. Per gli ospiti e per il personale delle forze dell’ordine che ci lavora, completamente scoperto dal punto di vista della sicurezza sui luoghi di lavoro».

Parla di rischio sanitario?
«Non solo. Lì dentro ci sono condizioni contrarie a tutte le regole di prevenzione delle patologie diffusive. Non soltanto Covid. Parlo di epatiti, Hiv, scabbia, tubercolosi... Provi a immaginare un incendio, qualcosa che genera una fuga di massa. Dovrebbero esserci 200 persone e invece ce ne sono 1.200, prigionieri. Secondo lei se premono tutti verso un’uscita sbarrata che succede?».

Però il premier Conte assicura che entro venerdì arriveranno due grandi navi per svuotare il Centro.
«Meglio tardi che mai. Benissimo, comunque. Se davvero arriveranno sarà un bene per tutti. Ma sarebbe un bene anche che rimanessero attraccate sempre,perché l' emergenza non sarà finita in pochi giorni, come è facile prevedere».

Ci descriva l’hotspot.
«Ho visto un posto inadatto ad accogliere qualcuno. Nelle condizioni in cui è la struttura, quel luogo è già inadatto per i 200 che sono il numero regolare. Ci sono interi padiglioni inagibili, le persone dormono all' aperto, sotto gli alberi. L'assistenza medica è totalmente insufficiente. In alcuni angoli non c'è un pavimento ma un tappeto umano».

E lei cosa ha suggerito per superare tutto questo?
«Di riorganizzare il sistema al collasso e garantire trasferimento e smistamento immediato e sicuro. Ora capiremo cosa succederà con l' arrivo delle navi. Certo è che i problemi come le criticità sanitarie esistono da decenni. Il Covid ha soltanto messo a nudo anni di mancata programmazione. Il punto di partenza è molto semplice».

E cioè?
«E cioè: non si può gestire un’emergenza come se fosse una situazione ordinaria. Non funziona. Nella relazione preliminare su Lampedusa mandata in Regione avevamo suggerito quello che poi ha annunciato il premier: sfollare il centro per mettere un punto fermo e cominciare a ragionare da zero. Accoglienza è una parola che dev'essere compatibile anche con la struttura e temo che invece non lo sia nemmeno se restano i 200 ospiti previsti. Non faccio un discorso politico, guardo la questione da medico: a me non importa sapere chi ho davanti, a me, importano le sue condizioni medico-sanitarie».

I migranti le hanno fatto richieste?
«Solo a Pozzallo, un ragazzo mi ha mi ha detto: mettetemi in prigione che almeno sto al sicuro. Ha ragione, lì le criticità sono solo di tipo sanitario. A Lampedusa, invece, mi ha colpito un ragazzino di 14 anni, tunisino: è positivo al Covid, è solo ed è disperato. Non fa che piangere. Non so se resterà o no in questo Paese ma una cosa la so: va spostato da lì e, mi creda, io ho farò di tutto perché accada».

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